Home Lettere ai giornali e varie 2010-02-04 La Libertà - Senza patente
2010-02-04 La Libertà - Senza patente PDF Stampa E-mail
Scritto da Giovanni   
Lunedì 08 Febbraio 2010 22:47

San Martino in Rio, 4 febbraio 2010


Caro Direttore,

ieri ho incontrato l’alieno e mi ha raccontato una storia. Anche al suo paese, per guidare l’auto, ci vuole la patente…

“…e il percorso per ottenere la patente è sempre stato lungo, difficile e dispendioso. Ma eravamo abituati, e nessuno si lamentava. A un certo punto qualcuno cominciò a dire che era un percorso troppo lungo, troppo difficile, troppo dispendioso.”

Beh, lamentarsi è lecito.”

Già. Ma poi qualcuno passò dai lamenti ai fatti, e iniziò a guidare senza patente”

Avranno preso delle belle multe, immagino.”

All’inizio sì. Ma i mass – media avevano cominciato a formare una mentalità. Cominciarono a dire che in fondo gli incidenti capitavano anche a chi aveva la patente…”

Certo! Ma ci sarà pur stata una qualche statistica…”

A me lo vieni a dire?!? La statistica è il mio pane! Gli incidenti capitavano molto più di frequente a chi era senza patente, ma la mentalità comune cominciò a non tenerne conto. ‘Capita agli uni e agli altri’, questa era la frase a sentimento che circolava. Gli agenti di polizia cominciarono a fingere di non vedere e i senza patente cominciarono a proliferare.”

Immagino che nessuno avrà più preso la patente.”

Al contrario. La stragrande maggioranza delle persone continuò a sottoporsi al percorso lungo, difficile e dispendioso. Credevano nel valore della patente. A un certo punto intervennero i politici…”

Meno male!”

Aspetta a dirlo. Intervennero e cominciarono a dire che bisognava tener conto del fenomeno dei ‘senza patente’, e bisognava istituire i registri delle ‘patenti di fatto’. Chi si iscriveva ai registri veniva trattato come i patentati.”

Questa è buffa. Immagino che i registri si saranno riempiti subito.”

Al contrario, rimasero vuoti. Iscriversi era comunque una piccola seccatura, e bisognava poi ricordarsi di tenere in tasca l’attestato d’iscrizione. Perché iscriversi, se il non iscriversi non comportava sanzioni?”

I registri sono rimasti vuoti…”

Proprio vuoti, no. Si iscrissero gli ideologi del movimento, tanto per dire a tutti ‘Abbiamo vinto’.”

(L’alieno ha un attimo di sosta e mi dà il tempo per pensare.)

Si saranno iscritti anche quelli strutturalmente impossibilitati a prendere la vera patente!”

Bravo! Vedo che ragioni a filo. Bella espressione: ‘strutturalmente impossibilitati a prendere la vera patente’: ti sarà facile immaginare di che persone si tratta”.

E così voi avete: 1) le persone che si assumono per dovere morale l’onere del percorso di vera patente, pur capendo che non c’è più l’obbligo 2) un registro di ‘patenti di fatto’ composto da persone ideologizzate o strutturalmente impossibilitate 3) e quelli che non vogliono vincoli e guidano come gli pare.”

E’ così!”

Ma non avete pensato che il tutto si poteva risolvere con piccoli aiuti? Se le persone erano in grande maggioranza indotte a prendere comunque la normale patente, bastava aiutarli defiscalizzando i costi, o concedendo permessi sul lavoro a chi doveva seguire i corsi.”

Banale, eh? Ma i nostri politici non ci arrivano.”

I vostri politici sono dei veri…”

Stavo per dire una parolaccia. Mi sono fermato in tempo. Mi è venuto in mente che i nostri politici pensano e agiscono così su un tema ben più grave e importante della patente. Pensano e agiscono così sul matrimonio e sulla famiglia. Nessun aiuto a chi vuole costruire la famiglia, società naturale fondata sul matrimonio; strade spianate a chi vuole vivere senza regole.

E’ vero che i DICO della Bindi rimasero fermi a proposta di legge. E’ vero che i DIDORE di Brunetta e Rotondi sono solo una proposta. Ma in Emilia Romagna Vasco Errani ha creato i “DICO alla bolognese” e noi siamo stati zitti: non c’è stato un Family Day emiliano per fermarlo.

E’ una norma antidiscriminatoria”, dicono. Strane idee: dare diritti uguali a chi non vuole assumersi i doveri sarebbe “antidiscriminatorio”? E’ discriminatorio per noi, che i doveri ce li siamo assunti tutti.

Un caro saluto

Giovanni Lazzaretti

 
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