San Martino in Rio, 13 novembre 2008 Caro X, visto che ho votato UdC e quindi non sono al governo, non ho alcun interesse a difendere il governo quando è indifendibile. Ma quando leggo un articolo come quello della signora Ruffini, mi tocca difenderlo. Rosaria Ruffini “docente di teatro”: il suo articolo è proprio una finzione teatrale. “Il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno…”. Senza dire niente a nessuno? Proprio a nessuno non direi, visto che il decreto legge n.112, convertito con la legge n.133 del 6 agosto 2008, è stato votato in Parlamento. Il PD ha protestato perché lo voleva… più duro! (4) Ossia più aderente all’analogo testo della Lanzillotta presentato nella scorsa legislatura. “…ha dato il via alla privatizzazione dell’acqua pubblica”. Privatizzazione dell’acqua pubblica? Sembra quasi che il governo abbia venduto le sorgenti e le falde acquifere alle multinazionali. L’articolo 23-bis al punto 6 recita così: “Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati”. Ma la gestione affidata ai privati è una novità di questo articolo 23-bis? Non direi, visto che la Ruffini cita il caso della Veolia. Il caso Veolia venne fuori nel gennaio 2007, ossia quando questo governo non c’era: di fronte a forti aumenti delle bollette, 6000 cittadini di Aprilia smisero di pagare le bollette alla Veolia (o meglio, ad Acqualatina, azienda controllata dalla Veolia) e si misero a pagarle al vecchio gestore, ossia il Comune. Da qui è nata ovviamente una vicenda giudiziaria di contenzioso tra Veolia / Acqualatina e i cittadini, in unione ad alcuni comuni e alla Regione Lazio. “Vigilantes armati e carabinieri” a staccare i contatori, dice la Ruffini. Se le famiglie della provincia di Latina si trovano in difficoltà, Veolia non sta messa meglio, visto che per garantire l'equilibrio economico finanziario ha dovuto chiedere 14 milioni di euro ai sindaci e le banche dati alle anagrafi per scovare chi l'acqua si ostina a non pagarla. Hanno poi dato l'incarico a un'agenzia di recupero crediti di cercare di convincere i cittadini di Aprilia che pagare le bollette al Comune non vale, facendo chiamare a casa o inviando lettere che promettono la sospensione del servizio. La fonte di questo brano è “il Manifesto” del 28 gennaio 2007: vedi tu se la frase sui vigilantes e carabinieri è la verità o è un tocco di teatro della Ruffini. La Veolia gestiva la distribuzione dell’acqua nella provincia di Latina dal 2001, vincendo una normale gara d’appalto. Che poi Veolia si sia dimostrato un cattivo gestore o quanto meno poco trasparente (leggo di trasformazioni societarie plurime, dubbi sui bilanci, clausole contrattuali respinte dal TAR, consulenze addebitate ad Acqualatina ma che servivano anche ad altre aziende del gruppo Veolia, eccetera), questo è un altro discorso, ed è un discorso che riguarda la moralità generale delle aziende, non solo quelle che distribuiscono l’acqua. E comunque è una questione di carattere giudiziario anteriore all’attuale governo Berlusconi. La Ruffini quindi credeva che prima del 23-bis l’acqua fosse un bene pubblico, e dopo il 23-bis non sarà più un bene pubblico. In realtà il 23-bis inizia così: “Le disposizioni del presente articolo disciplinano l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”. “Disciplinano”, non “instaurano”. L’affidamento della distribuzione dell’acqua a soggetti diversi dai Comuni (aziende municipalizzate o comunque a capitale pubblico) è prassi consolidata da sempre; tra i grossi capoluoghi era rimasto solo il Comune di Milano a gestire l’acqua per proprio conto. Da noi lo gestiva l’AGAC, adesso lo gestisce ENIA SpA. L’affidamento a ditte private è prassi più recente, ma comunque risalente agli anni ‘90. Ti do qualche cifra sul “dramma” della Veolia / Acqualatina. Le sue tariffe sono effettivamente le più care del Lazio: per un consumo come quello di casa mia, la tariffa è 1,26 euro a metro cubo, come leggo sul sito di “Altroconsumo”, maggio 2008. Quanto pago a casa mia? 1,57 euro a metro cubo, più che a Latina (5). Se davvero l’aumento della Veolia è stato del 300% come dice la Ruffini, significa che prima a Latina pagavano 0,32 euro a metro cubo. I casi sono due: o la tariffa di 0,32 era quella equa, e allora vuol dire che la nostra ENIA coi suoi 1,57 ci sta derubando. Oppure è giusta la tariffa ENIA, e allora vuol dire che prima l’acqua in provincia di Latina la regalavano. Considerato che a Berlino nel 2002 l’acqua costava 4 euro / metro cubo, è probabile che sia vera la seconda ipotesi. In che modo il 23-bis “disciplina” la gestione dell’acqua e di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica? Secondo “procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità.” (art.23-bis comma 2). E’ l’enunciazione di una serie di princìpi ovvi, anche se spesso disattesi. C’è anche il comma 3: “In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria.” E il comma 4: “Nei casi di cui al comma 3, l'ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e alle autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l'espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione.” In pratica un Comune o una Provincia può anche affidare delle gestioni senza passare per le vie ordinarie di mercato, ma deve motivare questa sua scelta attraverso un’analisi che dovrà poi essere trasmessa all’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, vedi la loro circolare che allego). Faccio un esempio: se un Comune non aveva un servizio di depurazione e vuole instaurarlo, è possibile che gli convenga affidarlo a chi già gestiva la distribuzione dell’acqua, senza fare un appalto specifico per la depurazione. Gli conviene certamente, ma questa convenienza deve dimostrarla, non darla per scontata. Questi due commi erano troppo morbidi secondo il PD (rivedere la nota n.4). Poi la Ruffini parte per la tangente e descrive le guerre per il possesso dell’acqua. Guerre che certamente avverranno a livello mondiale e che già sono avvenute (in un testo che ti diedi su Israele e Palestina c’era scritto: 1960-1961 – Tentativo siriano di deviare le fonti principali del fiume Giordano, sventato da un’operazione israeliana.), ma non saranno certamente imputabili al 23-bis. Riassumiamo: tranne pochissimi casi, tutti i comuni danno in appalto la gestione della distribuzione di acqua potabile; la motivazione è ovvia: per trattare l’acqua ci vogliono competenze notevoli, e queste competenze non le si possono trovare nei singoli Comuni (i costi diventerebbero proibitivi); (1) consorziarsi tra Comuni e dare in gestione la distribuzione dell’acqua è quindi la normalità; una volta deciso di darla in gestione, bisogna stabilire a che azienda affidarla e bisogna stabilire i livelli delle tariffe; non c’è motivo per ritenere che un’azienda municipalizzata o a capitale pubblico sia necessariamente più efficiente di una privata (vedi ancora 1); la gestione delle tariffe però non può essere lasciata in toto all’azienda: ci deve essere una gestione “politica” dell’acqua, che non ha niente a che vedere con la gestione “tecnica”; questo è il punto chiave che va specificato nel contratto di appalto; il gestore tecnico ha il compito di offrire il miglior servizio al costo più basso; il gestore politico ha il compito di gestire o incanalare le tariffe; è possibile che il gestore tecnico sia in gamba; in tal caso le tariffe determinate dai costi industriali di distribuzione saranno di per se stesse politicamente accettabili; è possibile invece che il gestore politico voglia tariffe più basse, al di sotto dei costi industriali della distribuzione, oppure che voglia tariffe agevolate per alcune famiglie; allora dovrà ovviamente provvedere, con soldi pubblici, alla copertura del disavanzo di gestione del gestore tecnico; la cosa essenziale è che il gestore politico, col contratto di appalto, si riservi un potere di controllo sul gestore tecnico (la mancanza di chiarezza su questo punto è stato uno dei “detonatori” della vicenda Veolia / Acqualatina) (2). Questa è la sintesi tranquilla della vicenda. Il dramma sull’art.23-bis pare sia iniziato (l’ho letto su un sito) da una lettera inviata da padre Zanotelli a Beppe Grillo, e da qui rilanciata a valanga. Padre Zanotelli ha letto le parole “operatori economici”, “concorrenza”, “imprenditori”, “soggetti privati”, e non ci ha più visto: ha creduto che il governo vendesse l’acqua potabile. Accantonato l’inaffidabile padre Zanotelli è però possibile che il governo utilizzi il 23-bis per crearci dei danni? E’ possibile (3), metto in conto tutto. Ma che il testo del 23-bis debba farci sobbalzare, questo certamente no: abbiamo digerito la legge 194, figuriamoci il 23-bis. E poi non ci fece sobbalzare quando lo propose, più o meno, la Lanzillotta col governo Prodi: perché dovremmo sobbalzare oggi? Ciao. Giovanni NOTE Un esempio: per la Scuola Materna faccio praticamente tutta la gestione contabile, perché credo di avere la competenza sufficiente; però mi guardo bene dal fare per conto mio le buste paga: sarebbe una fatica enorme, dispendiosa per l’acquisto del programma, rischiosa per gli errori che posso fare, a rischio di lite coi dipendenti, eccetera. Appaltarla a Semellini è la cosa più ovvia, sia come costi che come sicurezza. Questo significa che cessa ogni controllo da parte mia su Semellini? No. Io porto i dati a Semellini, io verifico che i dati sulla busta siano corretti rispetto ai miei dati. Do in appalto, ma non cesso il controllo. E se lo studio Semellini dovesse iniziare a farmi molti errori, posso decidere di appaltare altrove. Dare in gestione certi servizi a dei soggetti privati è cosa normale, per me come per tutti: non è una pazzia di questo governo. Semellini guadagna dal suo lavoro, io guadagno ad appaltarglielo; la speranza (non la certezza) è che si arrivi a questo anche con la distribuzione dell’acqua: che guadagni la ditta privata, che guadagnino gli utenti. Anche qui faccio un esempio. La nuova Riaz che si è formata con uno Statuto (che non ho visto) e una sua Partita IVA sarà o non sarà un gruppo sportivo parrocchiale? Lo sarà se avranno avuto l’accortezza di riservare al gestore “politico” (la Parrocchia) la maggioranza sul gestore “tecnico” (i responsabili delle squadre). Il gestore tecnico deve essere ampiamente rappresentato perché ha le competenze, ma il gestore politico deve avere l’ultima parola. Se nello statuto della Riaz c’è scritto, ad esempio, che viene gestita da un comitato composto dal Parroco, da un rappresentante per ogni squadra, da un numero di rappresentanti del Consiglio Pastorale pari al numero di squadre, allora sarà un gruppo sportivo parrocchiale. Ma se metteranno parroco + 1 rappresentante per squadra + 4 rappresentanti del Consiglio Pastorale, allora diventerà come il Volley San Martino: appena ci saranno 6 squadre, la componente “tecnica” potrà prendere le decisioni ignorando la componente “politica”. Ad esempio, potrebbero esserci una serie di aziende molto robuste, già pronte e attrezzate per proporsi come gestori della distribuzione dell’acqua e in grado di vincere in qualunque gara d’appalto. Da verificare, ma possibilissimo, quando ci sono in ballo i “grembiulini” (quelli veri, non quelli di scuola). Facile però prevedere che nessuno riuscirà a scalzare il gestore ENIA dalle nostre parti. Sen. Mariangela Bastico: “…Un altro passo all'indietro è quello relativo all'articolo 23-bis, che riguarda i servizi pubblici locali: un passo indietro straordinario rispetto al testo che qui, in quest'Aula, era stato presentato dal Governo Prodi, frutto di una fortissima concertazione e di ampie mediazioni, perché si doveva tener conto di una realtà ampia e complessa. Ebbene, il testo che stiamo discutendo prevede invece la gara (quindi la trasparenza e la concorrenza) come una delle eccezioni, non come la regola per l'assegnazione di questi servizi. Un passo gravissimo, che crea ulteriore difficoltà, aumentando il costo dei servizi stessi per i nostri cittadini.” (Applausi dai Gruppi PD e IdV) E’ possibile che il confronto tra Reggio Emilia e Latina sia un po’ diverso: infatti non so se a Latina, come da noi, assieme all’acqua si paga la quota fognatura + depurazione. Ma siamo comunque su cifre molto vicine.
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