San Martino in Rio, 12 ottobre 2008 Caro Direttore, l’editoriale di Agorà di oggi parte col titolo “Evoluzione e Creazione”. Leggo e non posso fare altro che constatare: “Un’altra occasione perduta per fare buona divulgazione”. Nel 1956 viene definito il numero cromosomico dell’uomo: 46 cromosomi. Fino a quel momento il darwinismo divulgativo classico riusciva ancora a reggere: “Grandi popolazioni, in tempi lunghissimi, per piccole mutazioni, hanno prodotto tutte le specie viventi”. Infatti l’incertezza sul numero di cromosomi umani (incertezza molto forte! ricordo una lettera di don Milani del 12 dicembre 1956: “Tu il cristiano lo vuoi di 24 cromosomi cioè maschio e completo…”) consentiva di pensare che il numero cromosomico fosse un fattore secondario nei ragionamenti sull’evoluzione. Nel momento in cui il numero di 46 viene fissato, muore il darwinismo, inteso come spiegazione dell’origine delle specie. Perché? Perché è impossibile passare da un numero intero e pari di cromosomi a un altro numero intero e pari di cromosomi “per piccole mutazioni”. Il darwinismo rimane in essere come possibile spiegazione della microevoluzione all’interno di specie già formate, mentre per l’origine delle specie occorre immaginare necessariamente un’evoluzione discontinua, costituita da “salti” violenti in tempi brevissimi. Cosa si stia muovendo a livello di scienziati io non lo so. Ma nei giornali e nei libri scolastici è necessario specificare che l’evoluzione è avvenuta per “salti” (dei quali non sappiamo nulla o quasi) e poi è proseguita con una microevoluzione di tipo darwinista: questa è la chiarezza minima che va fatta a livello divulgativo. Che poi in questa evoluzione “a salti” uno ci voglia vedere il dito di Dio e un altro ci voglia vedere il cieco caso, è una questione secondaria che alla scienza non deve interessare. Un caro saluto Giovanni Lazzaretti
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