San Martino in Rio, 17 settembre 2008 Caro Direttore, la mia analisi dell’Inno di Mameli è giudicata da Guglielmo Bozzo come “interpretazione ideologica e distorta del testo”. Non so di quale ideologia sarei portatore; rilevo comunque che la lettera non offre argomenti di replica. Il fatto che Mameli abbia studiato dagli Scolopi di Genova e poi a Carcare da padre Atanasio Canata non dice nulla sulla bontà dell’inno: ne spiega semplicemente la genesi. Padre Canata era un temperamento focoso, cristiano – liberale, poeta, capace di eccitare gli animi degli studenti all’amore di Patria (patria come lui la vedeva). Nel 1859 molti studenti “offrirono il braccio”, ossia andarono a farsi ammazzare, spinti dalle sue parole. Le strofe dell’inno sono cinque; rivediamole in breve. La prima è quella nota a tutti: è una strofa “guerrafondaia”; è inoltre una strofa che invita a dimenticare il “sonno” dei secoli cristiani e a tornare ai fasti di Roma antica. Ideologia. La seconda strofa dice una falsità: afferma che gli italiani non erano popolo, mentre gli italiani semplicemente non erano uno stato unitario. E’ ideologia identificare “popolo” e “stato nazionale unitario”. Terza strofa: l’unione e l’amore rivelano ai popoli le vie del Signore. Strofa cattolicamente falsa, sempre che il Signore di Mameli sia Gesù Cristo. E’ più probabile che “Signore” identifichi il vago Dio di Giuseppe Mazzini. Quarta strofa: proporre la battaglia di Legnano, Francesco Ferrucci, Balilla, i Vespri siciliani, come antesignani dello stato nazionale unitario è pura ideologia. Quinta strofa: l’aquila austriaca che ha bevuto il sangue italiano. Nel 1847, anno di stesura del testo, non c’erano neanche vaghi appigli a sostegno di questa affermazione, tanto è vero che un moderno commentatore è costretto a dire “qui Mameli sembra anticipare le rivolte in tutta Europa del 1848”. Altra strofa falsa e ideologica. Così parla l’inno del giovane Mameli, ispirato da padre Canata. Un caro saluto Giovanni Lazzaretti
|