San Martino in Rio, 15 settembre 2008 Caro Direttore, la ringrazio per la dura risposta del 10 settembre a Gianfranco Rotondi. Il ministro Rotondi poneva una domanda: “Come cattolici abbiamo detto di no ai DICO perché minavano il valore della famiglia o perché vogliamo che le altre convivenze siano giuridicamente irrilevanti?”. Domanda mal posta: noi non “vogliamo” alcunché; noi semplicemente osserviamo la realtà. Il fatto che due persone vadano a vivere sotto lo stesso tetto è giuridicamente irrilevante. Il fatto che, vivendo sotto lo stesso tetto, abbiano rapporti sessuali è giuridicamente irrilevante. Il fatto che privatamente si scambino promesse di amore e fedeltà è giuridicamente irrilevante. Quando emerge qualcosa di giuridicamente rilevante? Quando i due sono maschio e femmina e, a un certo punto, diventano padre e madre. La rilevanza giuridica è descritta nell’art.30 della Costituzione: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. […] La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale […]”. La genitorialità è giuridicamente rilevante, la convivenza è per sua natura giuridicamente irrilevante. E’ invece rilevante, purtroppo, dal punto di vista sociale: la separazione di genitori conviventi è molto più frequente della separazione di genitori sposati. Poiché le separazioni hanno un altissimo costo sociale, lo Stato riceve un grave danno dall’espandersi delle convivenze e deve quindi dotarsi di strumenti per scoraggiarle. Accantoniamo quindi la domanda mal posta di Rotondi. Diciamo “no” ai DICO perché inventano una rilevanza giuridica a convivenze che, per loro natura, non hanno rilevanza giuridica. E non c’è bisogno di essere cattolici per arrivare a queste conclusioni. Un caro saluto Giovanni Lazzaretti
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