San Martino in Rio, 31 agosto 2008 Caro Direttore, bello o brutto l’Inno di Mameli? La musica non è né meglio né peggio di altre. Il testo va spiegato. Innanzitutto Mameli era massone (cosa nota, pubblicata anche su Avvenire) e i “fratelli d’Italia” a cui si rivolge sono i fratelli di loggia, non il cattolico popolo italiano del XIX secolo. L’Italia s’è desta. Da cosa? Dai secoli cristiani, visto che l’inno propone il ritorno all’elmo di Scipione. Elmo, vittoria, coorte, morte,… “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. La prima strofa è un inno guerrafondaio che suonava bene nei 100 anni ante – Repubblica, nei quali le classi dirigenti si impegnarono in 10 guerre (3 d’indipendenza, 3 coloniali, 2 mondiali, invasione del Sud, Crimea). Seconda strofa: “Noi siamo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi.”. Falso: gli italiani erano popolo, il popolo più ricco del mondo in tutto ciò che è bello (religione, arte, letteratura, bellezze naturali,…). Non erano uno stato unitario, il che li preservava dal colonialismo e da altre idee malsane. La strofa “Uniamoci, amiamoci, l'unione e l'amore rivelano ai Popoli le vie del Signore”, che piace al lettore Zuntini (9 agosto), è un’altra strofa falsa: sempre che il Signore evocato sia Gesù, è la Chiesa che rivela ai popoli le vie del Signore, non l’unione “fraterna” esportata con le baionette. Mi fermo qui. Teniamoci l’inno nazionale, ma con la consapevolezza che, per i cattolici e per gli uomini di buona volontà, il testo è davvero povero e anacronistico. Un caro saluto Giovanni Lazzaretti
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