74 – Serve un Caffarra per Casini 20 marzo 2010 – ore 23 Quella del Lazio non me l’aspettavo (1): col fatto della Bonino mi ero convinta che l’altra candidata fosse molto valida. Emilia, Lazio, e adesso dove andiamo? Non vagare troppo, mancano pochi giorni. Ciao Irma 21 marzo 2010 – ore 10.00 Cara Irma, la lingua batte dove il dente duole: andiamo in Piemonte. E qui, te lo dico subito, devi portare pazienza. Stampa questo testo, beviti un caffè, perché sarò lungo. Come sai, l’UdC ha fatto la scelta di andare da sola in 6 regioni - Lombardia, candidato Savino Pezzotta - Veneto, Antonio De Poli - Emilia - Romagna, Gianluca Galletti - Toscana, Francesco Bosi - Umbria, Paola Binetti - Puglia, Adriana Poli Bortone Sta col PD in 4 regioni - Piemonte - Liguria - Marche - Basilicata Sta col PdL in 3 regioni - Lazio - Campania - Calabria Questa scelta viene descritta banalmente come “politica dei due forni”. Io la chiamo semplicemente “politica anti – bipolare”. Casini con le elezioni politiche 2008 ha rischiato grosso, poteva essere spazzato via come la Sinistra Arcobaleno; ha resistito, dimostrando che c’è spazio per una terza forza, e adesso ha la possibilità di spendersi qua e là come meglio crede. In questo non c’è niente di disdicevole (ossia niente di contrario alla legge naturale): le elezioni 2008 hanno sancito che i “forni” non sono due ma tre, PdL + Lega, PD +IdV, UdC. Tre forni che sono poi 5, perché non c’è niente di definitivo sul fatto che PdL e Lega stiano insieme, PD e IdV stiano insieme. Se ci aggiungi che all’interno del PdL c’è la mina vagante del gruppo finiano, sempre più laicista e violatore della legge naturale, i forni diventano addirittura 6. Avrei preferito vedere l’UdC da sola in tutte le regioni, per saggiarne la tenuta. Ma è anche vero che fai fatica a sopravvivere se non riesci a governare da nessuna parte. C’è una linea nelle variegate scelte dell’UdC? Qualcosa si intravede: - dove la Lega è forte (Piemonte, Lombardia, Veneto), l’UdC sta fuori; logico, visto che l’UdC venne messa fuori dalla coalizione di centro destra nel 2008 proprio per consentire una sorta di rapporto privilegiato PdL - Lega; - dove la sinistra è troppo forte l’UdC non sta con la sinistra (Emilia – Romagna +28%, Toscana +24%, Umbria +29%, Campania +28%); Ci sono anche dei casi per me incomprensibili: - in Basilicata, dove il centro sinistra parte addirittura con un +39% sul centro destra (elezioni 2005), l’UdC passa al centro sinistra, alzandone il vantaggio (teorico, basato sui numeri del 2005) a +54%; considerato che in Basilicata c’è anche la lista “Io amo la Lucania” dell’incoerente Magdi Allam (eletto alle Europee con l’UdC e subito uscito) che fa da disturbo a un centro destra già straperdente, posso dire che il caso Basilicata nel suo complesso mi è davvero poco chiaro; - nelle Marche il vantaggio del centro sinistra era del 19%; secondo me assomigliava molto ai casi Emilia – Romagna, Toscana e Umbria, per cui mi aspettavo che l’UdC stesse da sola; - in Puglia c’era perfetto equilibrio (Vendola vinse nel 2005 per una manciata di voti), ma l’UdC corre da sola con un candidato… di destra (Adriana Poli Bortone) dopo un viavai di candidature a destra e a sinistra molto caotico; la situazione finale è del tutto incomprensibile, perché Vendola è un candidato di estrema sinistra, nonché gay militante e fondatore di Arcigay (metto un testo in calce, per non dimenticare): organizzarsi per farlo perdere era, secondo me, un dovere; - imbarazzante il caso Liguria dove, in una situazione 2005 di 53% centro sinistra 47% centro destra, l’UdC trasloca il suo 3% di allora al centro sinistra; il 3% è troppo poco per contare qualcosa, e c’è il rischio di svanire. Normale la collocazione dell’UdC nel centro destra nel Lazio e in Calabria. Allora dovremo ricordarci, dopo le elezioni, di tenere gli occhi puntati su - Liguria (l’UdC sarà decisiva per la vittoria del centro sinistra? Cosa riuscirà a combinare come piccolissima forza all’interno di una giunta di sinistra?) - Marche (l’UdC, che non sarà certamente decisiva per la vittoria del centro sinistra, cosa potrà fare all’interno di una consolidata giunta di sinistra?) - Puglia (se Vendola rivince, ci sarà da guardare con molta attenzione l’azione di governo di un gay militante consolidato al potere) - per la Basilicata ho solo la curiosità di capire chi sia questo Vito De Filippo che riesce a riunire intorno a sé un consenso (teorico) del 75%; sono curioso anche di sapere che fine farà Magdi Allam. Ma dove dovremo tenere gli occhi spalancati è il Piemonte. Procederò per capitoletti, per darti meno problemi in lettura, ma sarò lungo, lento e pesante. Inizio il ragionamento tratteggiando la figura di Mercedes Bresso, governatore uscente del Piemonte. Mercedes Bresso “Per tutto l’arco del mandato che va a concludersi, la presidente Bresso, con la sua giunta, ha connotato la sua azione con una costante e pervicace politica di opposizione alla vita e alla famiglia, violando le più elementari regole di rispetto, di aiuto e di tutela che stanno alla base della civile convivenza”. Così la pensa Federvita Piemonte, l’associazione che riunisce settanta Movimenti per la Vita e Centri Aiuto alla Vita piemontesi. L’elenco delle azioni della signora Bresso è molto ampio: - fu tra le prime a offrire un ospedale piemontese nel quale far morire Eluana Englaro; - ha caldeggiato l’uso della pillola RU 486, che, per la prima volta in Italia, è stata promossa e usata nell’ospedale Sant’Anna di Torino; - ha chiuso le strade al volontariato pro-vita per la prevenzione all’aborto; - ha promosso la diffusione della cosiddetta contraccezione di emergenza (aborto precoce) anche fra le minorenni; - ha tentato di cancellare le politiche per il diritto allo studio, ostacolando l’effettiva libertà di educazione; - preme per il riconoscimento pubblico delle convivenze omosessuali. Tutte le sue azioni sono poi suffragate da frequenti affermazioni pubbliche, sul suo sito, su Gay TV, su giornali nazionali. Non si scopre nulla di nuovo. Mercedes Bresso è da sempre una seconda Emma Bonino, semplicemente meno famosa: collaborazione stretta in anni passati, militanza radicale, stesse idee, stessa impostazione anticattolica, stessa politica individualista della “autodeterminazione”. E’ vero che in gioventù, quando la Bonino pensava già agli aborti, la Bresso incideva canzoni con Claudio Villa, ma questo dice solo che la Bresso non è della levatura ideologica della Bonino: per tutto il resto è una “Bonino in miniatura”. E, nonostante tutto ciò, l’UdC si è alleata con Mercedes Bresso in Piemonte. L’UdC giustifica l’alleanza con la Bresso servendosi dell’immigrazione L’alleanza dell’UdC con un’esponente radicale (2) come la Bresso è una posizione priva di senso e difficilmente difendibile. Invece, nell’Italia di oggi, Pierferdinando Casini riesce a difendersi benissimo, usando l’arma dell’immigrazione. “Voi dite che non ci si può alleare con la Bresso, perché è anti-vita e anti-famiglia. Ma non ci si può nemmeno alleare con il candidato leghista Cota, perché per i cattolici sono ‘valori non negoziabili’ anche i principi in materia di accoglienza agli immigrati, violati dal PdL e dalla Lega”. Questa è la replica di Casini (virgolettata, ma è solo un concetto, non è una citazione letterale). Casini ha ragione? Oppure sta commettendo un errore sui “valori non negoziabili”, ossia sulla legge naturale universale? Formulazione dettagliata della difesa di Casini Casini, essendo un politico, per la sua autodifesa può stare sul generico: gli basta uno slogan anti-leghista per superare l’ostacolo e far digerire l’alleanza con la Bresso. C’è comunque chi ha formalizzato la sua difesa in termini più precisi, dandole un’impostazione cattolica e facendo riferimento alla legge naturale universale. La difesa (che è contemporaneamente un attacco a PdL e Lega sul tema dell’immigrazione) si fonda su questi punti. 1) I respingimenti degli immigrati clandestini sono da annoverarsi tra i provvedimenti che violano gravemente la legge naturale universale, sia perché infrangono il principio di “utilizzo comune dei beni del creato”, sia perché mettono in serio pericolo la vita di esseri umani. 2) E’ un diritto dettato dalla legge naturale, quello di un essere umano che fugge dalla guerra, dalla fame, dalla miseria in cerca di condizioni di vita minimamente accettabili di sopravvivenza, per se e per la propria famiglia. 3) In nome del “diritto alla vita” può essere considerato lecito, pur di sopravvivere, servirsi di trasporti non consentiti (barconi, scafisti) e trasgredire le leggi degli Stati. I riferimenti dottrinali I tre punti sopra elencati godono di solidi puntelli dottrinali. Parto dai punti 23 (completo) e 24 (solo l’inizio) della Populorum Progressio. La proprietà 23. "Se qualcuno, in possesso delle ricchezze che offre il mondo, vede il suo fratello nella necessità e chiude a lui le sue viscere, come potrebbe l'amore di Dio abitare in lui?" Si sa con quale fermezza i padri della chiesa hanno precisato quale debba essere l'atteggiamento di coloro che posseggono nei confronti di coloro che sono nel bisogno: "Non è del tuo avere, afferma sant'Ambrogio, che tu fai dono al povero; tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene. Poiché è quel che è dato in comune per l'uso di tutti, ciò che tu ti annetti. La terra è data a tutti, e non solamente ai ricchi". È come dire che la proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario. In una parola, "il diritto di proprietà non deve mai esercitarsi a detrimento della utilità comune, secondo la dottrina tradizionale dei padri della chiesa e dei grandi teologi". Ove intervenga un conflitto "tra diritti privati acquisiti ed esigenze comunitarie primordiali", spetta ai poteri pubblici "adoperarsi a risolverlo, con l'attiva partecipazione delle persone e dei gruppi sociali". L'uso dei redditi 24. Il bene comune esige dunque talvolta l'espropriazione se, per via della loro estensione, del loro sfruttamento esiguo o nullo, della miseria che ne deriva per le popolazioni, del danno considerevole arrecato agli interessi del paese, certi possedimenti sono di ostacolo alla prosperità collettiva. […] Proseguo col punto n. 2241 del Catechismo della Chiesa Cattolica. 2241 Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l'ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono. Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie. L'immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri. e concludo col n.2408 Catechismo. 2408 Il settimo comandamento proibisce il furto, cioè l'usurpazione del bene altrui contro la ragionevole volontà del proprietario. Non c'è furto se il consenso può essere presunto, o se il rifiuto è contrario alla ragione e alla destinazione universale dei beni. E' questo il caso della necessità urgente ed evidente, in cui l'unico mezzo per soddisfare bisogni immediati ed essenziali (nutrimento, rifugio, indumenti..) è di disporre e di usare beni altrui [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 69]. Casini ha apparentemente ragione L’apparenza dà ragione a Casini. Le citazioni d’appoggio che ho elencato vengono dai vertici del Magistero (Catechismo e Enciclica): - c’è realmente un uso comune dei beni - c’è realmente un diritto dello straniero a cercare una vita migliore altrove - c’è realmente (e ovviamente) un diritto alla vita e alla protezione per lo straniero - ci sono realmente casi in cui il furto non è furto, ossia si può violare la legge. In apparenza quindi le conclusioni di Casini sono accettabili: “Non è possibile per un cattolico allearsi con la Lega. La Bresso vìola la legge naturale universale su vita e famiglia; Cota vìola la legge naturale universale sull’immigrazione; io ho scelto chi ritenevo il migliore dei due”. (virgolettata, ma, come prima, è un concetto e non è una citazione letterale). Eppure queste argomentazioni, solide in apparenza, sono erronee. Perché? Cerco di ricostruirti il quadro corretto. I confini degli Stati E’ diritto naturale dei gruppi umani di costituirsi in “comunità politica”, di darsi leggi conformi alla legge naturale universale, di fissare i confini entro i quali le leggi sono valide, di difendere quei confini dalle incursioni dell’ingiusto aggressore. L’espressione “sacri confini” è vera e falsa allo stesso tempo: è infatti conforme alla legge naturale avere dei confini sicuri e riconosciuti; ma è contrario alla legge naturale pensare che quei confini debbano essere in un posto geografico tassativo. Per fare un esempio: l’Italia ha tolto ingiustamente il Sud Tirolo all’Austria, ma attualmente l’Austria non ha il diritto naturale di dichiararci guerra per questo; la ex Jugoslavia ha tolto ingiustamente l’Istria all’Italia, ma l’Italia non ha il diritto naturale di dichiarare guerra per riprenderla. Ricordiamo infatti che, tra i criteri della “guerra giusta”, c’è quello fondamentale: “il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare”. Ingiuste le invasioni del Sud Tirolo e dell’Istria, ma, per sanare quell’ingiustizia, non posso provocare mali più gravi. L’alternativa ai confini è l’impero universale, ma l’impero universale non è un segno di bene: è uno dei segni della fine dei tempi, tipici dell’Anticristo. L’utilizzo comune dei beni del creato deve quindi convivere con il diritto naturale dei popoli ad avere confini. Del resto è ovvio. Stiamo infatti parlando di uno “straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine” (vedi 2241 del Catechismo). Egli cerca all’interno di altri confini ciò che non gli è stato possibile trovare all’interno dei suoi confini: sono proprio i confini dell’Italia che consentono all’Italia di essere un luogo ambìto anche da stranieri. Accogliere tutti? L’Italia è un paese desiderato da tutti gli stranieri? Anche se così fosse, certamente non è possibile all’Italia accogliere tutti gli emigrati del mondo. E, non potendo accoglierli tutti, è evidente che può accoglierne solo “un certo numero”. Quale è questo numero? Chi lo decide? Riprendo il n.2241 del Catechismo e sottolineo qualcosa. “Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l'ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono. Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie. L'immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri. Spetta quindi alla legittima autorità stabilire il “quanto” e il “come” e spetta all’immigrato l’obbedienza alle leggi. Quando non c’è furto? Certo, non va dimenticato il punto n.2408: non c’è furto se una persona ha una necessità urgente ed evidente, in cui l'unico mezzo per soddisfare bisogni immediati ed essenziali (nutrimento, rifugio, indumenti..) è di disporre e di usare beni altrui. E’ questo il caso dell’immigrato sul barcone? No. Noi li vediamo distrutti e disperati al momento dell’arrivo, ma sono comunque persone che hanno pagato un viaggio. L’abitante medio del Niger, tanto per fare un esempio, non potrebbe mai pagarsi un viaggio, figuriamo l’abitante povero del Niger. Quelli che affrontano i viaggi sono quindi in genere gli “imprenditori” del loro paese: devono avere un reddito minimo che renda possibile l’acquisto del viaggio. La persona del Niger che compra un viaggio può essere solo un imprenditore, altrimenti non può avere i soldi a disposizione. Il profugo che fugge da una guerra non ha nemmeno gli occhi per piangere, figuriamoci i soldi per pagare un viaggio a dei trafficanti. E’ certo quindi che chi parte non ha bisogni immediati ed essenziali da soddisfare, altrimenti semplicemente userebbe i soldi del viaggio per soddisfare questi bisogni immediati ed essenziali. Parte perché, giustamente, vuole qualcosa di più dei bisogni immediati ed essenziali. Vuole vivere, ad esempio, in una casa accogliente e pulita; vuole istruzione per i figli; vuole l’assistenza medica vicina a casa; eccetera. Quando l’immigrato cerca questi beni giusti ma non primari deve bussare alla porta di uno Stato secondo le modalità che quello Stato si è voluto dare, consapevole che gli Stati riescono a offrire “sicurezza e risorse necessarie alla vita” proprio perché mantengono e custodiscono consuetudini, leggi e confini. I respingimenti I respingimenti mettono a rischio la vita di chi è sulle barche? E’ possibile, ma la vita è a rischio proprio per il fatto che sono saliti sulle barche: non si può imputare a chi respinge il rischio che le persone si sono assunte nel partire, in violazione di legittime leggi dello Stato che deve ospitarli. Naturalmente questo non significa che si può respingere ogni barcone in ogni occasione: spetta alla valutazione prudente delle forze dell’ordine (non del governo che, ovviamente, non è sul posto!) decidere se un’imbarcazione può essere respinta oppure se necessita di soccorso. Ma, dopo il soccorso, il rimpatrio è comunque necessario (tranne per chi può fare appello al diritto d’asilo): infatti non esiste un “diritto all’immigrazione clandestina”. Teniamo poi presente che il solo fatto dell’immigrato che parte dalla sua terra (per bisogno e non per scelta) indica che è già stato violato un primo diritto naturale: quello di poter crescere e prosperare nella propria terra. L’Albania dovrebbe insegnarci: ci siamo già dimenticati di quella nave che arrivò in Puglia stracolma di albanesi, ci siamo già dimenticati della fase degli scafisti, ci siamo dimenticati dei trucchi finanziari che depredarono una popolazione con illusioni di ricchezza. Questi problemi furono risolti dal metodico respingimento degli albanesi irregolari, unito a una presenza italiana e a investimenti italiani sul territorio albanese: ciò ha consentito all’Albania non dico di decollare (in Europa, come reddito pro capite, è al terzultimo posto, davanti a Georgia e Moldova) ma comunque di ripartire e di avere una sua linea per un sereno progresso. I respingimenti sono legittimi, sia che li faccia D’Alema con gli scafisti albanesi, sia che li preveda Amato nei suoi accordi con la Libia, sia che li decreti Berlusconi. Il barcone a rischio dovrà essere soccorso, dopo di che il respingimento dei clandestini (esclusi quelli che hanno il “diritto d’asilo”) dovrà comunque avvenire, con modalità diverse. L’immigrazione, una complessa questione di diritto naturale L’immigrazione è quindi una complessa questione di legge naturale universale, nella quale si intrecciano diversi diritti naturali, nessuno dei quali può essere negato: 1) diritto naturale di ogni uomo a crescere e prosperare nella sua terra; 2) diritto naturale degli Stati ad avere confini certi e riconosciuti; 3) diritto naturale di ogni uomo a chiedere di poter emigrare in un’altra terra; 4) diritto naturale degli Stati a regolamentare l’immigrazione; 5) diritto naturale degli Stati a respingere l’immigrazione clandestina; 6) diritto naturale di ogni uomo, anche in condizione di clandestinità o di violazione delle leggi, di essere soccorso se la sua salute o la sua vita sono in pericolo; 7) diritto naturale di ogni uomo a chiedere asilo, se le condizioni sussistono; 8) diritto naturale degli Stati a rimandare l’immigrato clandestino nel suo paese. A questi diritti corrispondono una serie di doveri. 1) dovere degli Stati a far crescere e prosperare i propri cittadini, e a chiedere aiuto se non sono in grado di farcela da soli; 2) dovere degli Stati di custodire i propri confini, e dovere della comunità internazionale di rispettare i confini di tutti; 3) dovere di attivare procedure certe per l’immigrazione; 4) dovere di attivare legislazioni che contrastino l’immigrazione clandestina; 5) dovere di attivare forze dell’ordine che blocchino l’immigrazione clandestina; 6) dovere di soccorrere chi ha la salute o la vita in pericolo; 7) dovere della comunità internazionale di attivare procedure per il “diritto d’asilo”; 8) dovere della magistratura e delle forze dell’ordine di rimandare l’immigrato clandestino al suo paese. Non è ovviamente una questione solo cristiana, visto che l’immigrazione va gestita secondo legge naturale anche dagli Stati non cristiani. L’immigrazione è, lo ripeto, una complessa questione di legge naturale universale, nella quale nessuno degli 8 diritti elencati può essere dimenticato e nella quale nessuno degli 8 diritti elencati può prevalere sugli altri. Politica e diritto naturale La politica scelta dall’attuale governo non vìola quindi la legge naturale universale: non fa altro che concretizzare i diritti marcati coi numeri 4 e 5. La gestione dei respingimenti spetta alle forze dell’ordine, che dovranno concretizzare i doveri marcati coi numeri 5, 6 e 8. Questo significa che la politica del governo, essendo legittima, non si può contestare? No, questo significa che il governo va contestato sul piano politico, senza tirare in ballo il diritto naturale. Dal punto di vista del diritto naturale, tocca al governo e alla maggioranza che lo sostiene decidere quale livello di immigrazione è accettabile per l’Italia e decidere quale livello di repressione occorre mettere in atto per fermare l’immigrazione clandestina: le decisioni possono essere contestate politicamente, ma sono perfettamente legittime. Si può dare un giudizio politico sulle scelte, si può dire ad esempio che la creazione di un “centro di respingimento” a Lampedusa è inutile, o dispendioso, o ingestibile, o dannoso. Si può discutere su quale è il numero di immigrati che può essere ospitato dall’Italia. Ma sono giudizi che riguardano il normale dibattito politico, faccende sulle quali la Chiesa non interviene. Fermo restando che, qualunque siano le scelte di un governo, la Chiesa come sempre farà il massimo sforzo per assistere chi è arrivato, in qualunque modo sia arrivato: assistere chi è arrivato è opera di misericordia corporale, ma non significa affatto diventare “sponsor” dell’immigrazione clandestina. L’errore di Casini, l’errore di tanti L’errore di Casini si genera in questi passaggi: - ha preso la complessa questione dell’immigrazione e ne ha selezionato una parte, dando enfasi ai “diritti dell’emigrato” e sminuendo il “diritto dello Stato a respingere l’immigrazione clandestina”; - dopo questo primo passaggio, ha attribuito al governo “colpe di diritto naturale”, mentre le colpe del governo su questo argomento possono essere al massimo “colpe politiche”; - queste inesistenti “colpe di diritto naturale” le ha messe su un piatto della bilancia per compensare le colpe di Mercedes Bresso; - le colpe di Mercedes Bresso sono invece tutte e realmente violazioni della legge naturale universale; - la bilancia, che Casini crede di aver messo in equilibrio (colpe Bresso di qua, colpe leghiste di là), in realtà cade sulle colpe della Bresso, perché le violazioni della legge naturale sono infinitamente più pesanti delle eventuali colpe politiche; - Casini ha scelto di allearsi con la Bresso in base a questi ragionamenti, e non ha alcuna scusante. Non era obbligato ad allearsi con Cota. Era però obbligato a non allearsi con Mercedes Bresso. Come sempre accade, il travisamento della legge naturale universale porta a gravi errori politici. Guardando in positivo Quello che io spero di sentire prima o poi da Casini è l’esposizione coerente di un disegno chiaro sull’immigrazione, limitando al minimo gli slogan antileghisti. Ciò che penso sull’attuale fase dell’emigrazione (e che vorrei fosse anche il pensiero di Casini) te lo posso riassumere in questi punti: - il fenomeno dei barconi, gestiti da organizzazioni criminali, va fermato; - gli Stati devono valutare le proprie forze e consentire un ingresso di immigrati commisurato, per numero e per provenienza, alle esigenze di reddito e di sicurezza della propria popolazione (lo Stato che facesse entrare un numero di immigrati tale da impoverire una fetta della sua popolazione violerebbe il diritto naturale della propria popolazione); - le persone devono poter vivere e prosperare nella propria terra d’origine, senza avere la necessità di emigrare; l’emigrazione deve nascere solo per scelta personale e non per la mancanza di beni primari; - gli Stati, è questo il punto chiave, hanno il dovere di far prosperare gli altri Stati che non ce la fanno; si tratta però di un “dovere non sanzionabile”, ossia un atto di “giustizia non obbligatoria”, perché nessuno potrà mai imputare allo Stato “Italia” che non fa abbastanza per lo Stato “Niger”; - credo che la forma ottimale per far prosperare uno Stato sia quella di farlo “adottare” da un altro Stato, un po’ come l’Italia ha fatto e fa con l’Albania: pensare che la “comunità internazionale” nel suo complesso possa fare qualcosa per il bene comune mondiale è pura utopia, smentita costantemente dalla realtà dei fatti; - supponiamo, ad esempio, che l’Italia adotti le Filippine: con loro farà accordi particolari, aprirà canali di immigrazione, importerà ed esporterà in modo privilegiato con loro, manderà uomini nelle Filippine se le Filippine manifestano un bisogno, eccetera; e l’Italia (non l’anonima “comunità internazionale” che è di tutti e di nessuno) sarà giudicata dopo tot anni su ciò che sarà riuscita a fare in quel paese specifico; - se il mondo si pone l’obiettivo di ridurre la fame nel mondo, fallirà miseramente; ma se uno Stato si pone l’obiettivo di far prosperare un altro Stato, potrà riuscirci. C’è poi qualcosa da aggiungere (ma questo non può essere pronunciato dal politico Casini): - è necessario che la comunità cristiana si impegni perché gli immigrati non si integrino nella nostra società civile, perché la nostra società civile è in violazione permanente della legge naturale universale (divorzio, contraccezione di Stato, aborto, fecondazione artificiale, privilegi alle cosiddette “coppie di fatto”, assenza di politiche per la famiglia, a breve il testamento biologico a deriva eutanasica); - sarebbe invece importante che li integrassero come comunità cristiana, purché la comunità cristiana torni consapevole del suo ruolo che è anche (non solo) quello di custodire la legge naturale universale. Serve un Caffarra per Casini Quanto spazio ha impiegato Caffarra per fare il suo dovere di Arcivescovo di Bologna e di cittadino italiano, ammonendo fermamente Errani sui “DICO alla bolognese”? Una pagina formato A4. Quanto ho impiegato io per ammonire Casini? Quasi 6 pagine. La sintesi non è il mio forte (tranne che nella lettera alle casalinghe, quella era ben fatta anche in una pagina A4 (3)), e in più io non ho nessuna autorità su di lui. Ci vorrebbe un Caffarra per Casini, uno che gli dicesse in modo autorevole e perentorio: 1) non ti è lecito collaborare con Mercedes Bresso, perché lei ha già dimostrato di lavorare contro la legge naturale universale; 2) ti è lecito collaborare con Cota, anche se avete profonde divergenze politiche; le divergenze politiche sono sanabili e oggetto di mediazione; le violazioni di legge naturale invece non sono negoziabili; 3) ti è anche lecito non collaborare con Cota, anche se questo facesse vincere la Bresso, perché le divergenze politiche sono legittime e tu hai un mandato dagli elettori che puoi gestire come ti sembra bene, in scienza e coscienza; 4) non ti è lecito tirare in ballo la legge naturale universale sulle tematiche dell’immigrazione, perché le competenze del governo in questo campo possono essere contestate solo politicamente; dal punto di vista antropologico i concetti di “contenimento dell’immigrazione” e “respingimento dell’immigrazione clandestina” sono perfettamente legittimi (4), anche se politicamente contestabili nei numeri e nei modi. Non ho la possibilità di ammonire Casini. Ho solo il mio voto. E, a motivo del caso Bresso, il voto all’UdC mi va fortemente in crisi. Ciao, scusa la lunghezza e grazie per la pazienza. Giovanni NOTE 1) Vedere il testo n.73 – Liberi di votare una radicale. 2) Radicale. Anche se milita nel PD, la Bresso porta idee e metodologie del tutto radicali. 3) Vedere il testo n.12 – Il comma mancante (lettera alle casalinghe). 4) Ovviamente se gli 8 diritti elencati vengono tutti rispettati! Se uscisse una legge che imponesse alle forze dell’ordine di cannoneggiare i barconi, andrebbe ovviamente contestata dal punto di vista antropologico. Allego in calce i testi che esprimono la gioia ideologica del movimento gay per l’elezione di Vendola nell’aprile 2005; nei testi si fa volutamente e continuamente confusione tra “persona omosessuale” e “militante gay”. Omosessuale e gay non sono sinonimi: vedi ad esempio (nella sezione “lettere ai giornali”) la lettera del 15/10/2009 intitolata “L’invenzione dell’omofobia”. L'INCREDIBILE VITTORIA DI VENDOLA ALLE REGIONALI IN PUGLIA 5 apr.2005 - L'Italia ancora meglio di Francia e Germania (che hanno sindaci gay dichiarati nelle rispettive capitali) con un Presidente di Regione omosessuale e militante del movimento glbt. Il comunicato di Arcigay del 5 aprile 2005: NICHI VENDOLA, GAY E PRESIDENTE, SVELA CHE IL RE È NUDO “L’elezione di Nichi Vendola, a presidente della Regione Puglia, ha svelato che ‘il Re è nudo” - commenta Sergio Lo Giudice, presidente nazionale di Arcigay -. L’ex scugnizzo gay può, come il bambino della celebre fiaba di Andersen, gridare al mondo la pura e semplice verità: che gli italiani siano meno aperti, meno civili, meno liberali del resto d’Europa è solo un alibi di comodo per chi ha paura di riforme sociali e civili che adeguino le forme e le riforme della politica ai desideri di una società moderna e dinamica come quella italiana. Questo il chiaro e forte segnale che le donne e gli uomini di Puglia hanno dato alle forze politiche italiane, a cominciare da quelle del centro-sinistra, scegliendo di affidarsi alla solida esperienza politica e alla viva passione civile di Vendola”. “L’elezione di Nichi, che di Arcigay fu uno dei fondatori nel 1985 - prosegue Lo Giudice - sveglia il centro-sinistra dall’intorpidimento di una lettura della società italiana e dei suoi cambiamenti vittima di inerzia intellettuale. La politica nostrana ha pensato che l’Italia fosse fuori da quel vento di rinnovamento che spirava sulla società europea in termini di morale familiare e sessuale. “Quando in tutta Europa si riconoscevano le coppie gay e lesbiche e talvolta, come in Olanda e Belgio, i matrimoni omosessuali, in Italia si discuteva se fosse lecito che i gay potessero sfilare in piazza. Mentre le grandi capitali europee eleggevano sindaci dichiaratamente gay (Bertrand Delanoe a Parigi, Klaus Wowereit a Berlino) e anche politici di destra (come l’inglese Alan Duncan o lo statunitense Jim Kolbe) dichiaravano la propria omosessualità, si ribadiva la diversità della cultura anglosassone dalla nostra. Tranne poi dover fare i conti col fenomeno di Rosario Crocetta, Sindaco di Gela, anche lui tanto apertamente gay quanto irriducibilmente fermo nella lotta alla mafia. E se Zapatero ha colto l’irrefrenabile desiderio di laicità e libertà della ‘cattolicissima’ Spagna, annunciando i matrimoni gay fra il plauso generale, Romano Prodi continua a mantenere un imbarazzato ed imbarazzante silenzio sulla proposta di una legge sul Patto civile di solidarietà”. “Vendola presidente - conclude il presidente di Arcigay – apre una nuova fase: chi non saprà coglierla rischia di stare controvento rispetto al futuro dell’Europa” Il comunicato dell'On. Franco Grillini: REGIONALI. PUGLIA, LA VITTORIA PIÙ BELLA. L’ITALIA ENTRA FINALMENTE IN EUROPA Per la prima volta un omosessuale sullo scranno della presidenza regionale. Quella della Puglia è la vittoria più bella per chi come noi ha sempre pensato che un omosessuale possa ricoprire qualsiasi incarico a qualsiasi livello dello Stato. Negli ultimi giorni il centrodestra aveva giocato la carta della volgarità e dell’insulto sulla vita privata di Vendola, dimostrando ancora una volta l’incapacità di capire la modernità e, soprattutto, il cambiamento nella cultura e nel costume. Dopo la vittoria di Vendola non si potrà mai più dire che un omosessuale non può rappresentare le istituzioni in quanto istituzioni di tutti. Proprio la grande manifestazione del gay pride di 3 anni fa a Bari aveva già mostrato che la maggioranza della popolazione condivide gli ideali di libertà e giustizia assieme alla cultura dei diritti civili espressa dal movimento omosessuale. Come esponenti del movimento glbt siamo grati a Vendola per la sua battaglia e la sua perseveranza. Oggi possiamo dire che anche in Italia abbiamo un Delanoe (il sindaco omosessuale di Parigi) o un Wowereit (il sindaco gay di Berlino) entrambi eletti a grande maggioranza dal voto popolare. L’elezione popolare di Vendola in Puglia riveste un carattere particolare perché dimostra come lo stereotipo del machismo e del maschilismo meridionale sta venendo meno di fronte all’avanzare di una nuova classe dirigente aperta e capace di interpretare il cambiamento. Anche per questo dobbiamo dire grazie a Nichi Vendola e agli elettori pugliesi che si sono recati in massa alle urne per votare un rinnovamento radicale che non mancherà di avere effetti forti e duraturi sulla cultura di tutto il paese. (da Gaynews.it).
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