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32 - Sulla legge elettorale PDF Stampa E-mail
Scritto da Giovanni   
Lunedì 03 Marzo 2008 23:17

San Martino in Rio, 2 marzo 2008

Cara Irma,

ma certo che bisogna dare un giudizio sulla legislatura conclusa!

I politici e i media ci fanno vivere in uno stato di perenne “attualità”, in cui ciò che è successo ieri o l’altro ieri è già cosa inutile e dimenticata.

Noi invece dobbiamo coltivare la memoria: il quadro politico delle elezioni 2008 è profondamente mutato rispetto al 2006, ma è ovvio che la situazione attuale affonda le radici nel biennio trascorso; il giudizio sulla brevissima legislatura conclusa è quanto mai necessario.

C’è da valutare la legge elettorale, il lavoro del Governo, l’attività del Parlamento.

La legge elettorale con cui abbiamo votato nel 2006, e con la quale voteremo anche in aprile, gode di pessima fama mediatica:

1) non ha garantito una maggioranza solida;

2) ha dato indicazioni diverse alla Camera e al Senato;

3) non concede il voto di preferenza;

4) presenta liste bloccate frutto delle segreterie nazionali.

Non ha garantito una maggioranza solida

Ci si dimentica la cosa fondamentale: alle elezioni 2006 il vantaggio del centro – sinistra fu dello 0,13% (zero virgola tredici, 25.000 voti circa su 19 milioni).

Il sistema elettorale attuale, nonostante questa situazione di pareggio tra le due coalizioni, ha garantito un’ampia maggioranza alla Camera e una maggioranza, seppur risicata, anche al Senato (1).

La maggioranza ottenuta non era solida, non per colpa della legge elettorale, ma per l’intrinseca debolezza dell’alleanza vincente.

Ha dato indicazioni diverse alla Camera e al Senato

La situazione diversa tra Camera e Senato è dovuta non alla legge elettorale, ma al fatto delle diversità intrinseche tra le due votazioni elettive.

Al Senato si vota da sempre su base regionale (articolo 57 della Costituzione), al Senato ci sono i Senatori a vita, gli elettori che votano per il Senato sono diversi da quelli che votano per la Camera, i Senatori sono la metà dei Deputati (2).

Del resto la diversità di situazione tra Camera e Senato si era già verificata anche nel 1994, con il vecchio sistema maggioritario: ampia maggioranza alla Camera, maggioranza risicata o inesistente al Senato.

Non concede il voto di preferenza

Ecco a quali danni può portare il non coltivare la memoria: la gente è davvero convinta che le preferenze siano sparite con questa legge elettorale.

In realtà il voto di preferenza era già sparito fin dal 1994: nel 1994, 1996 e 2001 c’era il candidato unico di coalizione nella scheda maggioritaria e c’erano le mini liste bloccate nella scheda proporzionale.

L’ultimo voto di preferenza l’abbiamo dato nel 1992: non esiste voto di preferenza da quando esiste la cosiddetta “seconda repubblica”.

Presenta liste bloccate frutto delle segreterie nazionali

Esattamente come nelle elezioni del 1994, 1996 e 2001: i candidati del maggioritario venivano paracadutati da Roma nei cosiddetti “collegi sicuri”, non venivano certo scelti su base locale.

Pertanto tutti gli aspetti negativi attribuiti a questa legge elettorale

- o sono falsi;

- o sono identici a quelli della legge precedente;

- o sono intrinseci alla diversa struttura costituzionale tra le elezioni di Camera e Senato.

A me però piace soprattutto rimarcare l’aspetto positivo di questa legge: il voto di ogni italiano torna a valere per il 100%.

Il tuo voto e il mio voto nel 1994, 1996 e 2001 contavano solo per la quota proporzionale (25% dei seggi), nel maggioritario non contavamo nulla, visto che ci troviamo a votare in un cosiddetto “collegio sicuro”: votare per il centro – sinistra o per il centro – destra era indifferente, perché la vittoria del centro – sinistra era certa (con un vantaggio del 26%, il ribaltamento della situazione sarebbe da ritenersi un evento prodigioso, non un evento politico).

I media dicano pure tutte le loro sciocchezze sulla presunta bruttura di questo sistema elettorale, proporzionale con premio di maggioranza. Gli elettori la pensano diversamente: nel 2001 i votanti furono l’81,4%, nel 2006 divennero l’83,6%: il gradimento per questo sistema è evidente.

E’ tardi, devo chiudere: sull’operato del Governo ti scrivo domani.

Ciao

Giovanni.

NOTE

(1) Con un vantaggio dello 0,13% nessun sistema elettorale (sottolineo: nessuno) è in grado di garantire maggioranze ampie in entrambi i rami del Parlamento.

(2) Il numero di componenti di un’assemblea ha un peso notevole, e questo peso viene spesso ignorato. Molti auspicano una riduzione del numero dei parlamentari; non tengono conto che così si crea un ulteriore fattore di rischio per le maggioranze: se una maggioranza ha il vantaggio del 4% in un’assemblea di 600 persone, il suo margine è di 306 a 294: con 12 unità di differenza si riesce a gestire qualche malattia e qualche defezione. Ma se lo stesso vantaggio del 4% è in un’assemblea di 300 persone, la situazione è di 153 a 147: tre “salti della quaglia” mettono già in crisi un governo. Sono perciò contrario alla riduzione degli eletti: le assemblee ampie rappresentano meglio la varietà della società italiana e consentono di gestire in modo più appropriato sia le maggioranze naturali, sia quelle “a premio”..

Ultimo aggiornamento Domenica 09 Marzo 2008 17:48
 
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